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La storiografia locale riferisce la nascita dell'Abbazia ai primi tempi del Cristianesimo e alcuni studiosi, dal Giustiniani (1804) al Tramonte (1975) collegano lo sviluppo del complesso monastico e del centro urbano al periodo longobardo, quando la zona era compresa nel Principato di Benevento.
Le iscrizioni, conservate presso la chiesa dell'Angelo non offrono prove certe dell'esistenza dell'Abbazia già nei primi anni dell'XI secolo: una delle due riporterebbe la data 1003, ma l'epigrafe ci è giunta frammentaria e il testo ci è pervenuto solo attraverso le citazioni della storiografia locale. Ad un esame paleografico entrambe le iscrizioni, che si riferiscono ad un certo Petrus Legionensis Abbas Ursare e menzionano una dedica della chiesa alla SS. Trinità, sono risultate databili fra XIII e XIV secolo. Nonostante l'incertezza sulle origini, da questi dati si può desumere che l'Abbazia e il centro urbano si svilupparono nel corso dell'XI secolo e furono partecipi degli importanti avvenimenti che interessarono quel territorio di confine fra Longobardi e Bizantini.
L'Abbazia dell'Angelo si è sviluppata come sostiene Cotugno da un originario cenobio fondato da monaci provenienti dall'oriente. Ad avvalorare la sua ipotesi, lo studioso ricorda la presenza di dipinti su tavola di tipo bizantino nella chiesa dell'Angelo. Era ancora possibile vederli, a quanto riportato da Del Giudice, fino a l5 agosto 1840: "All'altare maggiore di detta chiesa di S. Maria sovrasta la di lei veneranda effigie tenendo a destra quella dell'Arcangelo S. Michele ed a sinistra l'altare di S. Pietro Apostolo. Tali pitture sono antichissime e di elegante pennello greco sopra tavole".
Non trova riscontro documentario la notizia secondo la quale nello stesso anno egli avrebbe stabilito un presidio ad Orsara ed approntato le difese contro Troia nella zona oggi detto Guardiola, facendo costruire, dopo la disfatta dei Bizantini, la Chiesa di San Salvatore. Lo stesso si può dire circa la notizia secondo la quale quando Melo si rifugiò per la prima volta in Germania (prima del 1015), Datto avrebbe trovato asilo a Montecassino presso l'Abate Atenolfo per "relazioni favorevoli dell'Abbazia di Sant'Angelo di Orsara".
Da insediamenti di vario tipo compare per la prima volta nel 1125 il Monastero di Sant'Angelo di Orsara e, non a caso, fra le carte di Troia,centro importante e sede vescovile più vicina; l'abbazia deve aver avuto il suo momento d'oro proprio nel XII secolo.


Il 5 dicembre 1127 Onorio II, concedendo diritti e privilegi agli abitanti di Troia, imponeva che tutti i troiani vivessero sotto un'unica legge ed un unico signore; sottraeva a questi obblighi gli uomini pertinenti ai vescovi o abati di S.Nicola, S. Angelo de Ursaria e San Nicola e San Angelo de Rodingo. L'abate di Orsara era quindi indipendente da Troia.
Nel già citato documento del 1125, Guglielmo, vescovo di Troia, chiedeva all'Abate MARTINO di pagare un diritto episcopale annuale di due Romanati, nella ricorrenza dell'Assunzione, per la dedicazione della Chiesa di S. Maria di Montecalvello, di pertinenza dell'Abbazia, e si riservava la possibilità di aumentarlo.
L'abate è citato nel Catalogo dei Baroni ed esercita quindi funzioni signorili, mai sopita è la conflittualità con il Vescovo di Troia.Nel marzo 1159 l'Abate PELAGIO, per porre fine alla contesa sorta sulla questione delle offerte con il Vescovo di Troia Guglielmo III, gli dona una casa, un orto e delle vigne di sua proprietà, site a Foggia. E' opportuno soffermarsi sul documento in quanto, oltre ad apprendere che vecchi patti erano stati già stipulati dal predecessore di Pelagio, GIULIANO I, si viene a sapere che l'Abbazia aveva la giurisdizione su una casa fatta costruire nel territorio di Foggia dall'Abate Martino in onore della Santa Croce "sine episcopali et canonicorum auctoritate" con annesso cimitero. Nel documento si dice inoltre che al vescovo non spettava niente di ciò che era stato lasciato nel Monastero dai servi e dagli uomini "in Hospitalibus nostris obeuntes".
L'Abbazia, sottoposta direttamente a Roma e indipendente dal Vescovo, quale Abbazia Nullius, è indicata nel LIBER CENSUUM SANCTAE ROMANAE ECCLESIAE in cui, nell'anno 1192, sotto il pontificato di Celestino III, era tassata per un'oncia d'oro (48); è elencata poi al ventiseiesimo posto fra i "Nomina Abbatiarum et Canonicorum Regularium Sancti Petri ".
Una tappa fondamentale nella vicenda storica dell'Abbazia viene introdotta da un documento redatto a Rieti per conto di Papa Onorio III il 28 Agosto 1225: il pontefice conferma al Vescovo Martino e al Capitolo di Zamora in Spagna, alla presenza di numerosi testimoni, la vendita da parte dell'Abate e del Monastero di Sant'Angelo di Ursaria, della città di Bamba, nella "Valle de Scema" in diocesi di Zamora. I legami dell'Abbazia con la penisola Iberica si stringono ulteriormente nel 1229: il 29 marzo, da Perugia, Gregorio IX scrive al Maestro e ai Frati della Milizia dei Calatrava concedendo loro il monastero "S. Angeli de Ursarie Troiane diocesi", su richiesta della Regina di Leon, Teresa e delle sue figlie Sancia e Dulcia avanzata per mezzo di frate Pelagio, Vescovo Albanese e di Egidio,Cardinale Diacono dei Santi Cosma e Damiano. Il Papa,nella speranza che questo affidamento serva ad ampliare ed ingrandire il monastero, invita l'Ordine dei Cavalieri di Calatrava ad inviare ad Orsara chierici e laici dell'Ordine, che vi si stabiliscano e vi diffondano il loro stile di vita religiosa.


Nel 1295 il Monastero non era più nelle mani dei Calatrava in quanto Bonifacio VIII il 2 febbraio di quell'anno lo concesse a vita all'Arcivescovo di Trani Filippo con tutti i beni che erano stati dei Calatrava nelle città di Brindisi, Troia, Orsara, Fragagnano e altrove in Puglia, Sicilia, Calabria e Romagna;
L'Arcivescovo Filippo morì subito dopo. Poco dopo, fra il 1298 e il 1300 il Gran Maestro Spagnolo dell'Ordine di Calatrava, GARCIA LOPEZ DE PADILLA, ricevette i feudi spagnoli di Colledo, Sabiote e Cogolludo, oltre alla città di Santo Stefano di Aznatoraf in Siria in cambio "del Monastero e Chiesa di Sant'Angelo di Orsara " da Ferdinando IV di Leon e Castiglia, il quale li avrebbe acquistati per la madre Maria. La storiografia locale afferma che in questo modo si sarebbe costituito il diritto di Regio Patronato che avrebbe comportato la nomina regia dell'Abate Rettore commendatore ma riferisce pure che nel 1300 la Domus
S. Angeli di Orsara era compresa nell'elenco delle Chiese di Regio Patronato fatto compilare dal re di Napoli Carlo II d'Angiò in quell'anno.
Numerose furono nei secoli le dispute con l'Arcivescovo di Troia per conservare l'indipendenza da quella sede vescovile. Le fonti documentarie sono scarse e l'unico aiuto è fornito dalla storiografia locale che, avendo un interesse immediato e partigiano nel ricostruire la storia dell'autonomia dell'Istituto attraverso i secoli, ricercò, studiò ed elencò minuziosamente tutto quanto poteva essere utile allo scopo.
I Re di Napoli vengono spesso citati dagli storiografi locali nelle vicende relative alla nomina dei Rettori e degli amministratori locali, fino alla descrizione di una complicata serie di avvenimenti in seguito alla quale Ferdinando I d'Aragona, all'indomani della battaglia del Sannoro, avrebbe concesso l'Abbazia al Vescovo di Troia intorno al 1464. Da questo momento fino per lo meno al 1762 pare che rettori dell'Abbazia di Sant'Angelo siano stati sempre, nominati dal Re, i Vescovi di Troia.
Orsara si ingrandì tra il VI e VII secolo d. C. Quando vi si rifugiarono gli abitanti di Ecana. Questa città posta circa due chilometri ad est dell'odierna Troia era un importante nodo della Via Trajana; fu distrutta alla fine del VI secolo dai Longobardi. Gli Ecanesi fuggiaschi portarono ad Orsara le reliquie della loro chiesa ed incrementarono la comunità cristiana che vi si era costituita fin dal IV-V secolo. L'abbazia si costituì ad Orsara successivamente; infatti, data la grande importanza che assunse, non avrebbe mancato di dare nome al paese se si fosse costituita prima del centro abitato.
Il monastero sembra sia stato fondato nell'VIII secolo, quando la zona era ancora controllata dal Bizantini, da monaci venuti dall'Oriente per sfuggire alle persecuzioni della Guerra Iconoclasta (726-843). L'insediamento fu favorito dalle grotte naturali ivi esistenti ed, in particolare, da quella ancora oggi dedicata al culto di S. Michele. Molti indizi confermano che fondatori del monastero furono i monaci orientali, impropriamente detti Basiliani solo perchè si ispiravano agli insegnamenti di S. Basilio il Grande (330-379 d.C.).
Fra questi indizi si indicano:
- il culto di S. Michele, di origine orientale e molto praticato nei cenobi bizantini, che vi dedicavano, possibilmente, una grotta;
- il fatto che i territori appartenenti all'abbazia erano denominati Laura (oggi la località è detta Montagna) considerato che laure erano chiamati i cenobi basiliani;
- l'esenzione dell'abbazia dalla giurisdizione dei vescovi vicini di Ariano Irpino, Bovino e Troia (questi vescovati, peraltro, furono costituiti tra il X e l'XI secolo e, quindi, dopo il monastero di Orsara);
- alcune caratteristiche peculiari delle chiese bizantine, come l'abside rivolto ad oriente, ancora rilevabili nella chiesa abbaziale (oggi detta Annunziata) di Orsara;
- il ricordo che in questa chiesa esistevano dipinti bizantini su tavole.


Nel 1009 Melo da Bari e il cognato Datto si ribellarono ai Bizantini e si allearono con i Longobardi.
Datto, aiutato dall'abate di Orsara che lo presentò ad Atenolfo, abate di Montecassino, ottenne dal principe Pandolfo IV di Capua la Torre del Garigliano in cui si fortificò.
Le notizie fin qui esposte sono solo tradizioni non documentate storicamente. Orsara viene citata la prima volta, in un diploma dell'anno 1024 col quale il catapano bizantino Basilio Bogiano fissò i confini di Troia da lui fondata o, piuttosto, fortificata. Il confine indicato nel documento passava per la grotta di Orsara, onde il paese, presumibilmente possesso dei Longobardi, rimaneva fuori dalla giurisdizione di Troia.
I monasteri bizantini più importanti, anche se dovettero adottare il rito latino, conservarono la loro autonomia e rimasero sottratti dalla giurisdizione del vescovo. Ciò accadde anche per Orsara che, in tutti i diplomi dell'XI e XII secolo, non è mai compresa nella giurisdizione civile o ecclesiastica di Troia e ne è dichiarata espressamente separata nella bolla data dal papa Onorio II in data 9 dicembre 1127. Orsara non è neppure riportata fra i possedimenti incisi sulla porta di bronzo di Montecassino; per cui è evidente la sua assoluta autonomia sia dal vescovo che da altre autorità monastiche.
Altri documenti confermano che l'Abate di Orsara non era soggetto alla giurisdizione del vescovo (Abbas - exemptus aut nullius), del quale, peraltro, aveva il privilegio di usare le insegne (pallio, mitra, baculo. coturni ed anello); perciò, dipendeva direttamente dalla S. Sede cui pagava il censo annuo di un'oncia d'oro. Non si sa quando l'abbazia ebbe questi privilegi, ma è certo che li aveva nella prima metà del XII secolo. All'inizio del XII secolo le abbazie exemptae erano solo poche, scelte fra quelle più importanti. Le concessioni di questo privilegio aumentarono di molto nel corso del XII secolo; ciò non ostante dal "Liber censuum S. R. E." si rileva che, nel 1192, solo 62 monasteri dell' Italia meridionale erano exempti.In un documento del 1159 vi è un riferimento a Giuliano come primo Abate di Orsara, contemporaneo del Vescovo Guglielmo II normanno di Troia (1106-1141), per cui si può ritenere che alla fine dell' XI secolo, un nuovo ordine monastico si insediò nell' Abbazia di Orsara sostituendosi ai Basiliani.
Oltre il potere economico, l'Abate di Orsara aveva una grande autorità spirituale come si desume dalle numerose donazioni che gli venivano fatte e dalle contestazioni contro il Vescovo di Troia, che cercava di ingerirsi nei vasti possedimenti dell'abbazia. Dal Catalogo del Baroni, che si ritiene compilato all'epoca del re Guglielmo II il Buono (1153-1189), si rileva che l'abate di Orsara (Abbas sanctae Ursariae) era anche feudatario, per cui accentrava il potere ecclesiastico e laico sul paese.


Con bolla in data 28 marzo 1229, il papa Gregorio IX (1227-41), accogliendo la richiesta di Teresa, moglie di Alfonso IX re di Leon, e delle figlie Sancia e Dulcia, concesse l'abbazia di Orsara all'ordine monastico militare dei Calatrava, di cui era gran maestro Gonzalo Yanez De Novoa. Nella bolla è precisato che l'abbazia era già in possesso degli Spagnoli (.....monasterium sancti Angeli de Ursaria .......de Hyspanis fuit hactenus ordinatum....).
In seguito il monastero non fu più abitato dai monaci e l'Abbazia fu solo un beneficio ecclesiastico e cioè un vasto complesso di beni destinato a dissolversi. Nel primo periodo l'abbazia fu data in "commenda" ad alti personaggi della S. Sede; in seguito, affievolendosi il ricordo della passata grandezza, fu concessa a persone meno importanti. Durante gli anni (1285-87) in cui il re Carlo II d'Angiò (1248-1309) era prigioniero in Sicilia e la reggenza del regno di Napoli era tenuta da Roberto d'Artois, la Domus S. Angeli de Ursaria era data in commenda al cardinale di S. Nicola in Carcere Tulliano, che l'amministrava tramite il suo vicario frate Giacomo Bontrala. Il cardinale era Benadetto Caetani di Anagni;
Benadetto Caetani di Anagni dopo che il 16 dicembre 1294 fu eletto papa col nome di Bonifacio VIII, concesse a Filippo, arcivescovo di Trani, l'Abbazia di Orsara con tutti i possedimenti calatravensi d'Italia.Filippo di Trani mori nel 1295 ed i possedimenti dei Calatrava tornarono nella disponibilità della S. Sede.
La concessione al Caetani e il diploma di Carlo, figlio del re Roberto d'Angiò, che nel 1322 riconobbe il possesso di questa chiesa alla S. Sede, sono le prime notizie di un'altra chiesa, diversa da quella abbaziale, che si avviava ad essere la più frequentata dalla popolazione. Francesco Caetani mori nel 1317 e non furono nominati altri commendatori.
La concessione ai "commedatori" dava a questi ultimi solo il diritto di amministrare e godere i frutti dei beni abbaziali, la cui proprietà restava sempre ai Calatrava.
Il 17 aprile del 1303 nella fortezza di Calatrava in Spagna, il Gran Maestro Garzia Lopez De Padilla cedette l'Abbazia di Orsara a Ferdinando IV, re di Leon e di Castiglia (1285-1312); quest'ultimo l'acquistò per la madre Maria, e concesse ai Calatrava la fortezza di S. Stefano Aznatoraf ed i feudi spagnoli di Corita, Colledo, Sabiote e Cogolludo. Con ciò si venne a costituire sull'abbazia di Orsara il Diritto di Patronato, che dava alla regina Maria il diritto di nominare i rettore.


Mancano notizie di come questo diritto sia pervenuto al monarchi di Napoli, cui si trova attribuito nei secoli successivi;
Negli anni successivi amministratore dall'abbazia di Orsara era Raimondo di Calasanzia, la sua qualifica di milite fa pensare che abbia ricevuto solo un incarico provvisorio dal re. Fino a quest'epoca si hanno solo notizie dell'abbazia data la sua importanza preminente come centro di potere laico e spirituale.
Durante il regno di Roberto D'Angiò, l'Universitas di Orsara, nel 1335 ottenne dal re il privilegio di due fiere annuali in occasione delle festività patronati di S. Michele (8 maggio e 29 settembre. Vi furono anche le prime rivendicazioni dei contadini di Orsara contro i vescovi di Bovino e di Troia per il possesso dei territori e contro il feudatario Berardo di S. Giorgio per l'esercizio degli usi civici sul territorio di Montellere.
Morto il Fontanarosa, il re Roberto d'Angiò (1309-43) nominò Leonardo Fulcigno, che fu il primo rettore di Orsara di nomina regia. Lo stesso re, nel 1342 alla morte del Fulcigno, nominò il successore Lorenzo Pulderico. Quest'ultimo dovette affrontare le contestazioni di Ruggiero ed Enrico Frezza, che forse erano legati da vincolo di parentela come il cognome sembra indicare. Ruggiero Frezza, di cui si ha solo questa notizia assumeva di essere rettore di S. Angelo di Orsara e di S. Nicola Calatrava di Troia; non è indicato da chi avrebbe ricevuto la carica ed è presumibile che sia stata data dal vescovo.
Comunque, la Domus S. Angeli, anche se privata di questi possedimenti, conservava la sua autonomia; infatti, nel 1366, il Monasterium De Ursaria risultava ancora dipendere direttamente dalla S. Sede, cui pagava sempre il censo di un'oncia d'oro e, nel 1376, la stessa regina Giovanna I ne nominò rettore Cesare Brancaccio. All'epoca del re Carlo III di Durazzo (1345-86), 1'abbazia di Orsara, al pari di tanti altri benefici ecclesiastici, subì molte spoliazioni ad opera del conte di Vico; ma non perdette la sua autonomia che si trova riaffermata fino al XIX secolo. Perciò, non ha fondamento la notizia, riferita dagli storici troiani, che il Papa Innocenzo VII(1404-5) l'avrebbe unita al vescovato di Troia per compensarlo dei danni che anch'esso allora subì.
L'Abbazia di Orsara, ormai consistente solo in notevoli possedimenti, fu data, nel 1462, al vescovo troiano Giacomo Lombardi dal re Ferdinando I; si trattò di una ricompensa per l'aiuto che il Lombardi aveva dato al re in occasione della resa di Troia. Nel 1464, lo stesso re concesse l'Abbazia al Vescovo arianese Giacomo Contillo ( Jacobus Cavallina Porfida); ma questa concessione fu revocata il 19 aprile 1464 su ricorso del Lombardi, che ricordò al re quella precedente. Cosicchè l'abbazia pur conservando formalmente la sua autonomia, da quest'epoca cominciò ad essere amministrata dai vescovi di Troia quali rettori di nomina regia.


La contestazione del clero e della popolazione di Orsara contro il vescovo troiano per ripristinare pienamente l'autorità dell'Abbazia di S. Angelo.
Queste rivendicazioni erano state sempre presenti; ma si era riuscito a tenerle frenate sia per l'autoritarismo dei tempi e sia per il tatto del vescovi.
Nel XVIII secolo, il vescovo di Troia, Pietro Faccolli, era riuscito a frenare la contestazione ordinando la compilazione degli statuti del clero di Orsara e concedendo ai canonici orsaresi il diritto di usare la cappa di pelle tigrata, l'almuzia, il rocchetto ed i nastri viola; il relativo provvedimento vescovile del 20 gennaio 1749 era stato approvato dal papa il 7 febbraio 1749 e dal re il 23 febbraio 1750.
Il vescovo Marco De Simone, che successe al Faccolli nel 1743, non seppe contenere la contestazione. Le rivendicazioni divennero aspre anche (e, forse, soprattutto) perchè si trovarono ad essere guidate dai fratelli Fattore.
Il Capitolo di Orsara, per anni, ha sempre rivendicato la sua indipendenza nei confronti delle pretese del Vescovo di Troia riallacciandosi alla tradizione di passato splendore e autonomia dell'Istituto Abbaziale. In questo contesto si inserisce la vicenda di D. FRANCESCANTONIO FATTORE unico canonico di Orsara che abbia ottenuto il Rettorato dell'antica Abbazia nel 1769. Alla sua morte (12 Novembre 1784) l'Abbazia sarebbe tornata ai vescovi di Troia.


La famiglia Fattore, col padre Salvatore, era originaria di Castellucclo Valmaggiore (in un esposto al re, il vescovo afferma che ne era stata scacciata). I fratelli erano sei, tutti in buona posizione sociale: Francescantonio e Pasquale erano preti; Pietro e Giovanni erano impiegati; Alessandro era medico e Gennaro faceva l'avvocato a Napoli (il vescovo lo qualifica con lo spregiativo di paglietto). Francescantonio Fattore era un tipo irrequieto e già aveva avuto contrasti col parroco Giovanni Spontarelli. Nel 1741, mentre quest'ultimo faceva la predica domenicale, il Fattore aveva fatto suonare la campana a morto e la gente aveva abbandonato la chiesa piantando in asso il predicatore. Nel 1745, lo stesso Fattore (calunniosamente, secondo il vescovo) aveva accusato il parroco di essere il mandante di due archibugiate sparategli contro. C'era una scissione nel clero di Orsara con una corrente capeggiata dal parroco e favorevole al vescovo e un'altra capeggiata dal Fattore, che si faceva forte dell'appoggio popolare; tra i fautori di quest'ultimo c'era anche Michele Susca, priore del locale convento S. Domenico. Va anche notato che, entrambe le correnti si ricollegavano idealmente all'antica abbazia perchè l'arciprete Giovanni Spontarelli si fregiava il titolo di abate. Nelle molte carte relative alla controversia vi sono pochissimi spunti storici. Ciò fa ritenere che le ragioni della contestazione erano prettamente economiche e riguardavano il clero; in infatti, l'abbazia era ancora proprietaria di oltre 500 ettari di terreno ed è ovvio che le ricche rendite erano ambite sia dal vescovo che già ne godeva e sia dal clero di Orsara, che le rivendicava. La polazione era contro il vescovo per motivi campanilistici. Un atto arrogante dei vescovo De Simone tramutò la contestazione in lotta aperta. I canonici Francescantonio Fattore e Saverio Fragasso, forse invitati, si presentarono a Troia per un chiarimento col vescovo; ma costui non volle riceverli. Furono ricevuti dal cancelliere del vescovo, il quale li minacciò di scomunica e di arresto, se avessero persistito nella loro contestazione, e, inasprendosi la discussione, li svilaneggiò e li fece addirittura bastonare. Tornato ad Orsara, il Fattore, appoggiato dal clero locale e dalla popolazione, riaffermò l'autonomia della Chiesa di Orsara e prese posseso dei magazzini dove erano depositati i beni (soprattutto derrate) dell'abbazia. Il comportamento del vescovo, quindi, fu maldestro perchè la violenza rinsalda una pretesa sostenuta dalla forza, ma pregiudica irrimediabilmente quella già debole.
A questo punto intervenne Gennaro Fattore, che portò la contestazione davanti al re di Napoli, ponendo in evidenza le prevaricazioni e le illegalità poste in essere dal vescovo. Quest'ultimo, da parte sua, accusa Francescantonio di "sortilegj, dalla quale fede potrebbero sortire condanne capitali" ; di non riconoscere l'autorità del papa e del vescovo; di istigare il popolo alla ribellione; di estorsione; di esercizio abusivo dell'arte medica e di altri reati, fra cui quello di "oltraggio al ritratto di Sua Maestà". Le accuse del vescovo erano condite di ingiurie e di pettegolezzi e ciò, più che rafforzare, indeboliva il valore delle sue argomentazioni.


La controversia si chiuse con un provvedimento salomonico, emesso il 17 Aprile del 1769 da re Ferdinando I Borbone: si riconobbe l'autonomia dell'Abbazia di S. Angelo, della quale Francescantonio Fattore prese possesso il 13 ottobre I769 come rettore di nomina regia; nel contempo si confermò che la chiesa di Orsara, distinta dall'Abbazia, rimaneva soggetta al vescovo di Troia.
Il 12 giugno 1762 mori l'arciprete Giovanni Spontarelli dopo essersi riconciliato con Francescantonio Fattore; quest'ultimo morì il 13 novembre 1784 dopo essersi anche lui riconciliato con 1'arciprete Pasquale Ricci. Sembra, quindi, che la questione dell'abbazia fosse ormai sopita; infatti, il 9 settembre 1786, il vescovo Giacomo Onorati riuscì ad ottenere la concessione dell'Abbazia, sia pure con la vecchia clausola "toties quoties" (nomina ad ogni suo successore). Restavano anche confermati il patronato del re e l'autonomia dell'abbazia.
Il 14 marzo del 1805 la concessione fu data al nuovo vescovo Michele Palmieri: ma, nel 1824, il suo successore Antonio Maria Monforte non ebbe bisogno di conferma perchè il Concordato del 20 luglio 1818 gli dava il diritto di amministrazione come vescovo viciniore.
Le rivendicazioni degli Orsaresi continuarono. Il 23 agosto 1826, il Capitolo di Orsara inizia, davanti al Tribunale di Lucera, una causa contro il vescovo Monforte e, nel 1840, assistita da Giovan Clemente De Stefano, portò davanti all'Alta Commissione esecutrice del Concordato la questione della collegialità della chiesa orsarese (va notato che in ordine progressivo di importanza, le chiese erano parrocchiali, collegiali, cattedrali, metropolitane e patriarcali).
Anche la Nunziatura Apostolica fu investita della questione e, con un provvedimento del 4 agosto 1841, dichiarò che la chiesa di Orsara era recettizia (cioè era un ente il cui patrimonio era amministrato collettivamente dal Clero locale).


E' evidente che queste azioni legali miravano solo ad un utile immediato; ma erano scoordinate e destinate all'insuccesso per quanto riguardava l'autonomia dell'antica abbazia ed il conseguente godimento dei terreni abbaziali. La questione fu definita dalla Commissione esecutrice del concordato con un rescritto dell' 11 maggio 1855, che incorporò definitivamente 1'Abbazia di Orsara nel vescovado di Troia. Gli Orsaresi continuarono a rivendicare i diritti della loro abbazia;
La questione era ancora viva quando, il 12 giugno 1906, fu inoltrato al re di cui si affermava il diritto di patronato, un esposto del canonico Michele Guiducci con note storiche di Gaetano Cappetta. Dello stesso anno è uno studio storico-giuridico, inedito, di Vincenzo Del Giudice, all'epoca pretore di Orsara.
Evidentemente ancora non ci si rendeva conto che l'Abbazia di S. Angelo ormai apparteneva solo al passato e la storia ne era il suo vero patrimonio.
A questi scritti si può muovere un appunto; essi facendo dell'indagine storica solo lo sfondo per rivendicare dei diritti, non utilizzarono compiutamente documenti che, all'epoca, potevano essere reperiti.

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